Eppure ragionare è bello
Alle pareti una serie di quadri quadrati, superfici bianche gremite di puntini fitti, un intrico di diversa intensità e dimensione. A tutta prima l’accentramento formale del reticolo , che pare aver crescita dall’interno del quadro, suggerisce una tensione ottica del campo di tipo modulare in cui i rari interventi cromatici producono un effetto di scintillazione perturbante la visione. Ci si accorge poi che la suddivisione sistematica del campo, attraverso la collocazione di punti colorati sulla superficie, è “puntualizzata” da una attenta indagine strutturale delle relazioni spaziali che stanno tra punto e punto, tra segmento e segmento che punto e punto tra loro unisce. Col che si comincia a riflettere sullo pseudo movimento, dipendente dalle frequenze fisiche, ottiche e psicofisiologiche, che seduce l’occhio e che pare essere suscitato dai fenomeni di avvicinamento o di contrasto. Si scopre così come e quanto in effetti, in questi quadri, sia lontana l’intenzione plastico-dinamica, cinetica.
Il disegno, che esce evidente da una programmazione progettata e che utilizza alcuni principi della geometria proiettiva, si pone alternativo, coi suoi problemi, alla captazione luminosa e alla sua immaterialità percettiva mettendo in discussione la propria ambiguità comunicativa e persino quella ricettiva prodotta dall’intervento dello spettatore.
Che significato hanno allora i –quadri- che Antonio Scaccabarozzi espone al Centro del Portello?
Si potrebbe rispondere di presumere che con queste geometrie reticolate, ottenute da rotazioni successive di punti in un dato spazio con frequenza proporzionale progressiva, Scaccabarozzi voglia suggerirci una maggiore attenzione alla categoria dell’imprevedibile-previsto, alla casualità
strutturata, per esempio, dei cristalli.
Del resto, in oltre dieci anni di lavoro Scaccabarozzi ha analizzato e messo in discussione alcune certezze della captazione statico-dinamica a funzione estetica e la sua ricerca si è via via spostata dall’oggetto al procedimento privilegiando di quest’ultimo le ricorrenze logiche, l’aspetto combinatorio, persino la bellezza poetica della sua ragione. E ragionare per formare è bello. Senza retorica e con una estrema semplicità.
Germano Beringheli