1991 - Quantità essenziali (di M. Panzera)

QUANTITA’ ESSENZIALI

 

Invariabilmente la pittura ha dovuto fare i conti con i supporti , a volte enfatizzandone il ruolo, la funzione estetica. L’arte pittorica ha sempre implicato, non la pittura in sé stessa, ma pittura+supporto. La pittura è sempre stata spiritualizzata.

Un gesto radicale può toglier via il supporto e considerare la pittura in sé stessa?

Certamente, ma a patto che il pensiero abbia saputo restare aderente al fatto, alla materialità del mondo.

Autopresentazione del corpo pittorico, come una sacra rappresentazione:  ESSENZIALE

E’ il punto estremo toccato da Antonio Scaccabarozzi, attuale rispetto alla sua biografia artistica. Vorremmo anche dire, senza procedere a dimostrazione alcuna, punto estremo che è risultato di una ricerca lunga nel tempo e coerente.

Ma essenziale non significa semplice atomizzazione del fare pittura. Il soggetto che agisce, lo strumento che stende il colore, il colore stesso,il suo giocare a farsi determinare dalla luce, tempo e spazio: tutto è nuovamente in azione in queste opere prive di supporto.

Ma come ordinare questo vocabolario essenziale? Il tempo mi pare essere il dio ordinatore, che presiede al sorgere e al perire dell’azione pittorica. Sì perché l’esecuzione non tollera incertezze, il corpo è l’anima. Altra è la considerazione che ci si pone negli occhi del pittore: che ha un colore, da questo dominato in una sorta di sensazione corporea che lo guida. Il tempo del colore diventa la dimensione essenziale per Scaccabarozzi. Il pittore risponde ad un bisogno; noi fruitori reagiamo all’immagine definitiva e ne ripercorriamo la storia fatturale. Certo anche per noi l’arte è un bisogno, ma la nostra esperienza muove sempre da una differenza, una distanza o un’alterità.

Si associa volentieri precisione a meccanicità. Ma è un errore, Il tempo meccanico determina la durata possibile dell’operazione: è una questione materiale che dipende dalla natura dei pigmenti. L’artista e il fruitore, come due soggetti opposti rispetto all’opera, vivono tempi, diversi per intensità d’esperienza, e distinti rispetto allo scorrere regolare del tempo orologio. E’ uno dei possibili modi di narrare il farsi qualità della quantità. Tema dominante nel lavoro di Scaccabarozzi è esattamente il convertirsi di questa in quella, o meglio l’unità indissolubile di materia e spirito, per usare un linguaggio obsoleto. Tappe antiche –un decennio fa- furono indagini intorno al concettosi misura e di prevalenza, movendosi sempre entro un asse che dai rilievi della percezione procedeva alla costituzione di una forma. Ma era ed è pur sempre, la forma, il risultato di quell’abbraccio fatale tra quantità e qualità. Tanti abbracci, tante forme. Le manifestazioni hanno esiti distinti: l’acquerello non è il pastello dei diari, né l’inchiostro su polietilene trasparente. La luce qui guizza laddove il vinilico cattura una luce che ha vinto alla fine sulla polvere ma ha perso così la sua nota squillante.

A Scaccabarozzi è essenziale questa morfologia operativa. Per noi è essenziale la permanenza dello stile, una segreta riconoscibilità, nella morfologia degli accadimenti. Il colore è tutto e tutto costituisce un colore: quantità liquida, pressione della spatola, velocità del gesto, energia…la percezione di sé nel tempo.

 

  Mauro Panzera.       Gen.1991