• 2020_2 - Caro Antonio ..., Calderara e Scaccabarozzi in dialogo tra il 1970 ed il 1975

Caro Antonio…

Calderara e Scaccabarozzi in dialogo tra il 1970 e il 1975

 di Angela Madesani

L’idea di questa mostra, che sono stata chiamata a curare, è di Natascia Rouchota, moglie di Antonio Scaccabarozzi e curatrice del suo archivio. Il titolo è mio,  invece, l’ho scelto per fare entrare immediatamente il fruitore nella dimensione epistolare e confidenziale, che è la premessa di questa esposizione. Non si tratta certo di una bi-personale quanto piuttosto della storia di un fortunato incontro tra due uomini, due artisti di rango per cui l’arte è stata la principale ragione di vita.

La  mostra segna, appunto, l’incontro tra due uomini di  età diverse, intelligenti    e generosi, provenienti da due mondi diversi, Calderara nasce da una famiglia borghese nel 1903 ad Abbiategrasso, mentre Scaccabarozzi a Merate, da una famiglia operaia, nel 1936. Il mio testo non parlerà dunque nello specifico dei loro lavori dei quali si è scritto in altri ambiti con grande competenza, quanto piuttosto del rapporto fra due persone che hanno condiviso un comune atteggiamento nei confronti della vita e dell’arte.

Le esatte circostanze del primo incontro sono sepolte con i due protagonisti.  Certo è che è avvenuto nel 1970. Secondo la moglie di Scaccabarozzi (1) a promuovere l’incontro sarebbe stata Maria Cernuschi, moglie separata di Gino Ghiringhelli e con lui fondatrice della galleria Il Milione di Milano, nei primi anni ’30. Una donna assai pragmatica che aveva a  cuore il  lavoro del giovane artista  e che aveva ceduto, ancora in vita, la sua bella collezione di pittura astratta al Comune di Genova. La Cernuschi aveva tra l’altro casa a San Remo, dove l’aveva anche Anna Maria Azzoni. Calderara e la moglie Carmela erano spesso ospiti di quest’ultima. Immaginiamo, dunque, che in queste occasioni abbia potuto fare la conoscenza di Maria Cernuschi. Già nel 1969 Scaccabarozzi inizia a dare vita agli Strutturali, un programma di lavoro basato sul metodo, che dà i risultati migliori nel suo superamento, rendendo importanti quegli aspetti imprevedibili che si succedono inattesi, per usare le sue stesse parole.

Crea opere a punto di vista variabile: dattilografia, opere di legno, opere di tela fustellata, opere-ambiente, dattilopie. «[…] È questa per lui un’attività “mentale” che diventa “fisica” per poi risultare “poetica” […]» (2). Il momento nel quale il giovane pittore inizia a utilizzare il segno, il punto che sarebbe divenuto, per lungo tempo, il centro del suo interesse. «Con il segno aveva conquistato una certa fama e prestigio, in particolare grazie alla stima di Antonio Calderara, un artista che viveva sul lago d’Orta e aveva molte conoscenze negli ambienti artistici in Germania e  in Svizzera. […] La generosità di Calderara insegnò ad Antonio a comportarsi nel suo stesso modo, cosa assolutamente rara nel mondo degli artisti» (3).

Lo stesso Scaccabarozzi, intelligente quanto preciso teorico del suo lavoro, scrive in quello stesso anno:

 «Il tipo di organizzazione fra i diversi gruppi, permette uno svolgimento continuo oppure circoscritto del fenomeno, la cui energia è basata sulla dualità che si stabilisce a tutti i livelli della concezione. dualità, all’interno delle unità, fra la direzione e la sezione al vivo; dualità, fra la funzione propria delle unità e il destino generale dell’insieme; dualità, nel rapporto dei gruppi d’insieme, sempre in tensione. Le accumulazioni degli elementi traslati, rotanti, in espansione, e diminuzione graduale, generano vitalità, essendo essi all’interno della costruzione in un rapporto bilaterale di forze.
[…] l’ingranarsi delle forme, provocherà lo spettatore a spostarsi per verificare una trasformazione evolutiva, dinamica dell’immagine, da una visione piana ad una visione spaziale» (4).


Consultando le carte dell’Archivio, troviamo che la prima mostra che vede uniti i due artisti è del maggio 1970, presso il Centro La Comune di Brescia, dove Scaccabarozzi aveva esposto anche nel febbraio dello stesso anno. Il titolo della collettiva, Riusciranno i nostri artisti a fare la storia dell’arte? Antologia di materiali del centro la comune e delle edizioni amodulo, è mutuato da un film di Ettore Scola del 1968. È questa l’ultima mostra del centro, gestito da Sarenco (5), che  pubblica  anche il  catalogo generale delle Edizioni Amodulo,  20 titoli x 20 operazioni d’avanguardia, dove sono  comprese le  opere  dei due artisti. Nella copia di proprietà di Scaccabarozzi, l’artista, a matita aveva scritto accanto alla segnalazione del suo volume in 50 esemplari, con testo  i Achille Bonito Oliva (6) che il volume non era mai stato pubblicato. E così è andata.

 Nel novembre 1970 i due artisti sono di nuovo insieme in una mostra organizzata a Bergamo, al Centro Internazionale Ricerche Plastiche, si tratta di arte moltiplicata internazionale e gli organizzatori sono la  galleria Colophon  di Milano, la galleria Sincron e le Edizioni amodulo di Brescia. E ancora a Brescia nello stesso mese del 1970 li troviamo uniti alla Galleria Santa Chiara nella mostra Aspetti del visivo.

Tra i due uomini nasce sicuramente un’amicizia, un rapporto di confidenza (7). Tanto che per il Capodanno del 1970 Calderara invia a Scaccabarozzi un augurio un po’ particolare. Ne ricicla uno che gli era stato inviato dalla Galleria La Polena (8) di Genova, progettato da uno dei più importanti grafici europei del periodo, Fronzoni (9), edito da Nava di Milano, nota per la straordinaria qualità e ci scrive all’interno in penna verde:

             «Ti mando questo augurio della Polena perché tu sia informato dell’immagine progettata da Fronzoni.
              A me pare uno Scaccabarozzi. Se sbaglio scrivimelo. Affettuosamente Antonio Calderara».

 Il tono è inequivocabile, di fiducia, confidenza e anche di protezione da parte del più vecchio nei confronti del più giovane.

 Ancora a gennaio del 1971 la rivista NAC 10) riporta le lamentele di Ennio Moruzzi dell’Associazione Artistica «Ottone Rosai» in occasione della mostra organizzata, dal titolo Appunti sul nostro tempo Nuove forme della pittura (11), dal 16 al 24 gennaio 1971, con opere fra gli altri di Marina Apollonio, Mirella Bentivoglio, Antonio Calderara, Giovanni Campus, Sandro De Alexandris, Jochen Gerz, Emilio Isgrò, Ugo La Pietra, Bruno Munari, Antonio Scaccabarozzi, Timm Ulrichs, Angelo Verga, Arturo Vermi. Manifestazione organizzata, secondo il Moruzzi con l’appoggio di Calderara.

«[…] Per quanto riguarda le presenze degli artisti in catalogo, salvo le adesioni di Calderara, di Fabiano e di pochi altri, il resto è silenzioso così come silenzio è stato quello della critica o degli estensori delle cronache d’arte (anche se a questo siamo ormai abituati) […]»

Il 29 gennaio Calderara scrive a Scaccabarozzi una lettera da San Remo:

«Caro Scaccabarozzi, come mi fa piacere leggere nella tua lettera che si crede ancora nella poesia.
Io non solo credo, ma sono convinto che senza poesia non vi è (sic) l’arte. L’immagine che ti ho mandato io è fredda, meccanica, inutile e la tua reazione, carica di umanità, non può che recarmi grande soddisfazione.
Mi auguro e ti auguro che la crisi sentimentale della quale mi fai cenno, abbia trovato nella giusta misura l’equilibrio e l’ordine per ricomporsi in un valore di esperienza. Sono i fatti della vita, ad essi non ci si deve abbandonare, per essi non bisogna mai perdere il controllo di noi stessi.
Voglio proprio sperarti in una crisi felicemente superata e nella serenità ritrovata, nuovo entusiasmo per il tuo lavoro. Fatti vivo alla galleria Milano, io, prima di partire, come tu sai, avevo parlato di te.
Ti ringrazio per la stima, che ti ricambio, non considerarmi un grande amico, io sono un amico senza il grande.
Con Carmela e Anna Maria a te e a tua moglie (12) i saluti più cordiali
Antonio Calderara, Corso Mazzini 191, 18038 San Remo».

 Purtroppo non conserviamo la risposta di Scaccabarozzi alla quale Calderara  fa  riferimento. Forse si  tratta della risposta che  l’artista invia in  risposta  alla missiva con l’invito della Polena? Data la descrizione dell’immagine, probabilmente sì.

Interessante il riferimento alla Galleria Milano, gestita da Carla Pellegrini, che si occupava del lavoro di Calderara. Probabilmente Scaccabarozzi, come per sua abitudine non si è mai recato in tale galleria per chiedere di fargli una mostra. Preferiva essere cercato piuttosto che cercare in ambito lavorativo. Nel maggio del 1971 i due artisti sono coinvolti nella mostra bianco e bianco alla galleria Uxa (13) di Novara. Insieme a loro sono artisti importanti quali Piero Manzoni, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Jorrit Tornquist, Paolo Scheggi,  Turi Simeti, Raimund Girke e altri ancora.

 Nel dicembre del 1971 è un’altra lettera di Calderara in cui manda all’amico l’indirizzo di Guidi e di Girke e si  felicita della decisione del giovane di  dare vita a una sua collezione. Probabilmente la collezione alla quale si fa riferimento è l’inizio dell’attività galleristica con Giorgio Casati.

I rapporti che stavano nascendo con gli artisti che Scaccabarozzi conosce in Svizzera e in Germania, gli fanno pensare di aprire una galleria dalle sue parti. Un atteggiamento che con diverse modalità era stato quello di Calderara, che aveva creato una raccolta museo nella sua casa di Vacciago, raccolta dove è presente anche una tecnica mista su carta del giovane amico, datata 1974 (14). Così quando Scaccabarozzi incontra il giovane Giorgio Casati, colto e benestante, gli propone di aprire uno spazio dedicato all’arte contemporanea in Brianza, spazio del quale l’artista sarà iniziatore. La prima sede è a Osnago e il nome della galleria è La Cappelletta a gestirla sono Casati e la moglie, Gabriella Marchesi. Nel 1971 la galleria, che parteciperà anche a Art Basel, si trasferisce a Merate con il nome di Studio Casati.

Nella galleria che resterà aperta per qualche anno, arrivano per esposizioni e residenze artisti del calibro di Dadamaino, Joseph Beuys, Gianni Colombo, François Morellet, Jorrit Tornquist, Grazia Varisco, Giuseppe Spagnulo, Nanni Valentini, Herbert Distel.
Ancora una volta un punto in comune tra i due artisti: la volontà di portare l’arte in luoghi, solo apparentemente, a essa non deputati.
Ambedue portano le persone nei loro luoghi,  quelli  dove  pensano,  vivono, lavorano. A Merate, come a  Vacciago, arrivano critici, collezionisti e appassionati provenienti da Milano, certo, ma anche dal resto d’Italia e dall’estero.
Vedere un’opera di Calderara, all’interno del suo contesto ha un senso diverso rispetto al vederla appesa nelle sale dei grandi musei internazionali, così come  per Scaccabarozzi.

Ho avuto il privilegio di conoscere Antonio, nel primo decennio degli anni Duemila, nel suo studio a Montevecchia e cogliere la luce, lo spirito, l’atmosfera di quei loghi di verde e di acqua mi pare sia stato decisivo per farmi apprezzare il suo lavoro.

Li troviamo di nuovo uniti nel marzo 1972 all’interno di un numero, il decimo, di Lotta Poetica, una rivista diretta da Paul de Vree & Sarenco, edita tra la provincia di Brescia e il Belgio (15). Scaccabarozzi cura due pagine di Arte sistematica, nelle quali oltre al suo lavoro, propone quello di Ewert Hilgemann, Ad Dekkers e Herman de Vries, in quarta di copertina è la pubblicità di un libro con serigrafia di Calderara, pubblicato da amodulo.

Tra il settembre e l’ottobre del 1972 sono di nuovo insieme alla galleria Uxa,   a Novara, e dal 25 novembre al 22 dicembre espongono entrambi alla Galerie Th.Keller a Monaco di Baviera.

Tra il 1974 e il 1975 Scaccabarozzi introduce il colore, eliminando il rilievo. Il giallo e il bianco fluorescenti utilizzati prima di questo momento erano intesi come non colori, utili solo alla visibilità delle opere.

A partire dal 1974 entrano in scena le Prevalenze. Vanni Scheiwiller scrive nel testo del 1975, che accompagna la mostra presso lo Studio Casati a Merate:

«PREVALENZE si chiamano le opere odierne, perché non si sa in fondo  chi prevale: le strutture, gli spazi o i colori, una verticale o un’orizzontale. Il colore serve solo per diversificare le verticali dalle orizzontali. […] L’autore offre un’idea generale dentro cui sviluppa dei piccoli lavori, lasciando allo spettatore la scelta delle possibilità»

 È la sua un’arte del dubbio, che non offre risposte certe, ma che apre ulteriori quesiti, emancipando il  ruolo dello spettatore, come era anche per  il Calderara astratto.

Nel 1975 li troviamo coinvolti, insieme, in una serie di esposizioni. Tra il 22 gennaio al 3 febbraio a Il Cortilaccio di Torino. Nel novembre 1975 Studio Casati partecipa ad ArtCologne e porta il lavoro di entrambi. E ancora entrambi partecipano a Momenti e tendenze del Costruttivismo, insieme a Gianni Colombo, Dadamaino, Hsiao-Chin, François Morellet e Jorrit Tornquist, presso la Galleria Buonaparte di Milano.

 Negli ultimi anni della sua vita le condizioni di salute di Calderara, malato di cuore cronico, peggiorano nettamente. Forse questo è il motivo dellamancanza di comunicazione scritta tra i due. Il loro diventa un rapporto più ideale che reale, che per Scaccabarozzi è sicuramente continuato sino alla fine dei suoi giorni, nell’agosto del 2008, trent’anni dopo la morte dell’amico.

 

 

Note

  1.  - Da una conversazione tra chi scrive e Natascia Rouchota, dicembre 2019.
  2.   - V. Scheiwiller, Studio Casati, Merate, 1975.
  3. - Rouchota, Antonio Scaccabarozzi, L’emozione del metodo, Crocetti Editore, Milano, 2012; p.27.
  4. - Scaccabarozzi, Antonio Scaccabarozzi, Centro La Comune, Brescia 1970; la piccola pubblicazione è costituita da due fogli uniti con etichette circolari autoadesive e accompagna la mostra che ha avuto luogo al Centro tra il 7 e il 13 febbraio 1970.
  5. - Sarenco (1945-2017), nome d’arte di Isaia Mabellini, è stato un artista, organizzatore e gallerista bresciano particolarmente noto nell'ambito della poesia
  6. - Antonio Scaccabarozzi «A & T» la progettazione dattiloscopica testo di Achille Bonito Oliva questa edizione contiene 6 dattiloptipie in 50 esemplari, numerate e firmate dall’autore prezzo lire 000
  7. - Mentre nell’Archivio Scaccabarozzi sono state trovate alcune missive di Calderara che qui riportiamo, lo stesso non è avvenuto per quelle di Scaccabarozzi presso l’Archivio
  8. - La Galleria La Polena di Genova, il cui direttore era Edoardo Manzoni, affiancato da un’altra importante figura del gallerismo genovese, Rosa Leonardi, ha portato nel capoluogo ligure dagli anni Sessanta agli Ottanta, fra le altre, le opere dello Spazialismo del Nucleare, della Optical Art dell’Arte
  9. - AG Fronzoni, nome d'arte di Angiolo Giuseppe Fronzoni (Pistoia, 5 marzo 1923 – Milano, 8 febbraio 2002), è stato un designer e educatore italiano, grafico e
  10. - NAC Notiziario di Arte Contemporanea, Edizioni Dedalo, marzo
  11. - La mostra secondo Moruzzi, era accompagnata da un catalogo che non abbiamo, tuttavia, trovato né presso l’Archivio Scaccabarozzi né presso il Sistema Bibliotecario
  12. - Carmela e Anna Maria sono rispettivamente la moglie e la segretaria di Calderara, mentre la moglie di Scaccabarozzi, è la sua prima
  13. - La Galleria d’arte contemporanea Uxa è stata fondata a Novara nel 1970 dalla storica dell’arte e curatrice ceca, Miroslava Hajek, fuggita dal suo paese, dove è potuta tornare solo dopo il 1989, a causa dell’invasione Tra il 1970 e il 2000, il centro culturale UXA - Studio d'Arte contemporanea, da lei diretto, ha seguito il lavoro di artisti che utilizzano le nuove tecnologie e nuovi media e ha costituito un importante punto di riferimento artistico e culturale.
  14. - Antonio Scaccabarozzi, Senza titolo, tecnica mista su carta 40 x 40 cm, 1974.
  15. - Nella rivista, molto nello spirito degli anni Settanta, oltre ad articoli sulla Poesia Visiva, a proclami contro Flash Art, rivista «serva del potere borghese», si chiede la destituzione di Palma Bucarelli dalla direzione della Gnam di Roma per la sua «implicazione nel vergognoso affare Enea Ferrari».