• 2014_07 - François Morellet, Antonio Scaccabarozzi, Morterone (LC)

François Morellet e Antonio Scaccabarozzi

 Morterone è luogo di incontri, nel quale diverse traiettorie temporali e distanti percorsi creativi trovano composizione in nuove e inattese occasioni espositive. Nella sua feconda e ricettiva incontaminatezza, nei suoi spazi naturali e abitati di memoria umana, connette tra loro universi di senso che senza soluzione di continuità attraversano arte, filosofia, poesia, in una visione di conoscenza totale e positiva dell'uomo e delle sue relazioni con ciò che lo circonda.

La mostra che viene presentata quest'anno al Palazzo Municipale è stata concepita come un dialogo attivo tra l'opera di François Morellet e Antonio Scaccabarozzi. Si ricollega idealmente al momento di più stretta condivisione espositiva dei due artisti (verificatosi in Italia nel corso degli anni Settanta e legato all'attività dello Studio Casati di Merate), ma è soprattutto l'occasione per misurare e leggere la ricchezza di due linguaggi espressivi che nelle reciproche analogie e distanze hanno da sempre concepito l 'azione artistica come operazione responsabile di conoscenza attiva.

In un contrappunto di spazialità attentamente calibrate, ma sempre imprevedibili, emerge dalle loro opere una razionalità atipica e coraggiosa, che sfida convenzioni relazionoli e percettive, geometrie composte e ipotizzabili, per riconnettersi invece alle dinamiche stesse della vita nel suo divenire: restituendo un'immagine del mondo e delle nostre relazioni con esso, non in una loro riproduzione figurale o in un loro distillato compositivo e astratto, quanto in costellazioni visive e spaziali che si pongono come entità di conoscenza immediata e naturale della vita stessa, nei suoi ritmi aperti, luminosi, liberi.

Un'occasione espositiva che conferma Morterone nella sua identità di laboratorio creativo permanente, in stretta e inscindibile relazione con il Museo d'Arte Contemporanea all'Aperto, che fa di questo luogo e dell'arte che lo abita in modo attivo un autentico nodo pensante e pulsante della contemporaneità.

 Francesca Pola

 

  

François Morellet e Antonio Scaccabarozzi

Frammentazione del reale

  Definire un metodo, creare delle regole, mettere alla prova il linguaggio della pittura nelle proprie componenti fondanti e sostanziali sino a spezzare i legami con gli assiomi predeterminati e scoprire che il miglior metodo consiste nel superamento del metodo stesso.

Morterone diviene anche in quest'occasione luogo d'indagine e di confronto tra differenti itinerari artistici che, attraverso affinità e dissimiglianze, generano raffronti stringenti ed eterogenei, anche in relazione alla presenza permanente delle opere appartenenti al Museo d'Arte Contemporanea all'Aperto, in continuo sviluppo. Nella sala municipale il rapporto che si instaura tra le opere di François Morellet ed Antonio Scaccabarozzi genera un dialogo denso e carico di motivazioni e di significati, mettendo in evidenza come per entrambi il nucleo fondamentale dell'indagine, attorno ai mezzi ed agli strumenti della pittura, consista proprio nell'entrare all'interno di un sistema predeterminato per decostruirlo. Le opere scandagliano il poliedrico ventaglio degli esiti e generano situazioni inattese, che non sono prevedibili a priori, né date dall'applicazione del sistema, ma che rendono meno manifesta, meno evidente, questa articolata struttura di regole disciplinate, dischiudendo un campo d'immagine e d'indagine più esteso.

Sin dagli anni Cinquanta i lavori di François Morellet si definiscono attraverso la rigorosa applicazione di un eterogeneo apparato di proporzioni matematiche all'interno del quale la rappresentazione avviene tramite simboli messi in connessione tra loro. In 5 impressions décalées du jaune à l'orange, una serigrafia del 1969, i segni tracciati, che variano appunto dal giallo all'arancio, suddividono in modo sistematico, la superficie bianca affollandola di quadrati di differenti colori, la cui posizione sullo sfondo viene frazionata secondo percentuali prestabilite che restituiscono sulla tela l'aspetto ritmico, ed al contempo contraddittorio, di una totalità solo formalmente predeterminata.

Negli stessi anni Antonio Scaccabarozzi utilizza, in modo non dissimile, il punto come entità isolata nel campo bianco del dipinto, dove l'elemento-segno, il punto stesso, diviene parte di un sistema ortogonale organizzato, all'interno del quale la distanza, la disposizione, le cromie e le dimensioni delle singole entità vengono determinate dalle norme della geometria apollinea. Nella serie delle "Prevalenze" il punto, ben definito e connaturato in se stesso, diviene uno snodo di apertura e si protrae in ogni direzione possibile, creando connessioni e relazioni con altri punti ed estendendosi attraverso le direttrici verticali ed orizzontali che definiscono linee di tensione distese nello spazio attivo della tela, in un continuo dialogo di presenza­ assenza della forma.

L'esistenza di raccordi di tensione consapevolmente discontinui, nei lavori di François Morellet come in quelli di Antonio Scaccabarozzi, fa sì che lo sguardo dell'osservatore si muova e percorra lo spazio in numerose direzioni, che si dimostrano tuttavia, di volta in volta, momentanee ed ambigue. L'occhio insegue e ricerca punti fissi di interesse predeterminati su cui soffermarsi e scorre sulle superfici delle opere senza soluzione di continuità, sino a cogliere all'interno del sistema l'inesistenza di elementi predominanti, designati a priori, che prevalgano sugli altri componenti dell'insieme.

Procedendo per alterazioni minime ed assidue delle componenti base, gli artisti indagano la relazione che intercorre tra la presenza e l'assenza di un segno nel campo visivo e si interrogano sulle origini dell'atto del vedere, oltre che del creare. Il valore della forma e della struttura sembrano quasi dissolversi per lasciare spazio alla distribuzione mutevole e discontinua del singolo dettaglio che riesce ad entrare nel sistema ed a scalfirne i confini in modo coerente e metodico, a sondarne i limiti e a decostruirlo, acuendo la percezione della possibile libertà insita nell'atto stesso della propria applicazione e percezione.

Il desiderio e la necessità di sperimentazione dei risultati, la ricerca del punto di rottura atto a scatenare delle situazioni impreviste, che non siano scontate dall'applicazione del metodo, ma che anzi lo rendano meno evidente e che si aprano ad un più vasto ed introspettivo campo d'immagine, accomunano fortemente il percorso dell'artista italiano a quello di François Morellet, che con i suoi lavori guida l'occhio dell'osservatore attraverso una continuità frammentata, regolata da norme matematiche e geometriche. L'applicazione del processo può portare sia alla sottolineatura che alla contraddizione della ortogonalità di fondo, ma ne risulta sempre che il sistema produce effetti stranianti, attraverso dinamiche di interazione, sovrapposizione ed interferenza, come in 8 passes de carrés réguliers pivotées à chaque coté, in cui la "trama" originaria viene ridefinita attraverso lo slittamento in differenti punti di rotazione e segue intrecci regolati da angoli predeterminati.

Si articolano in questo modo nei lavori di entrambi gli artisti molteplici campi d'indagine intorno alle possibilità elusive della geometria che, seppur attraverso l'applicazione sistematica del modello, definisce innumerevoli e variabili esiti d'immagine e percezione. Gli elementi costitutivi delle opere si muovono in direzione di una reiterata neutralità ed uniformità ed i segni occupano la superficie, discostandosi da valenze soggettive o simboliche, per far riaffiorare l'essenzialità della materia prima, in un continuo scambio di presenze ed assenze aperte a mutevoli possibilità di sviluppo e lettura, come appare evidente anche nelle opere più recenti.

Il ciclo delle "Banchise" racchiude l'esito dello volontà di Antonio Scaccaborozzi di sondare la possibilità espressiva e comunicativa di materiali plastici e di mettere in una relazione ancor più stringente con lo spazio circostante le opere stesse, che in questo caso sono costituite da fogli in polietilene di diversi colori sovrapposti e fissati insieme solo nel lato superiore, in modo da mantenere inalterato tutta la leggerezza vibratile, caratteristica precipua del materiale. L'attivazione dell'ambiente passa attraverso le caratteristiche peculiari, le qualità percettive e costitutive del polietilene e le superfici, membrane aeree quasi impalpabili, si sollevano liberamente con congenita leggerezza ad ogni movimento d'aria.

Le "Banchise" si mostrano come finestre aperte verso una dimensione "altra", ridefinite ad ogni incontro con la luce, che ne soppesa il colore sulla superficie stessa ed attraverso il riflesso dell'opera proiettata sul muro. l diversi fogli sovrapposti giocano con la trasparenza, svelano e celano al contempo, definiscono una nuova misura della profondità rendendo più labile il limite tra visibile e nascosto, tra l'apparente delicatezza del materiale e la reale resistenza del polietilene, tra i colori od un primo sguardo labili e fuggevoli eppure irriducibilmente singolari, tematizzati nella sovrapposizione di uno strato sull'altro.

L'arte continua a rivolgersi all'attivazione dello spazio anche nei lavori di François Morellet, che continua il proprio percorso di libertà decostruttivo e moltiplica l'ironico gioco di parcellizzazione della strutturazione geometrica e dello ricomposizione segnica. Nell'opero Desarcticulation no 1 il numero delle tele si moltiplica ed esse si giustappongono, sovrapponendosi talvolta in diversi punti, ed ospitano linee ortogonali e curve che suggeriscono archetipi geometrici, senza tuttavia esaurirne lo reale presenza. Gli elementi costitutivi si accumulano, si mescolano e si intersecano guidati dalla necessità di avanzare per porzioni frammentarie parziali. Il singolo particolare rivela l'esigenza di allargare il campo del percepibile con sfasamenti minimi ed eterogenei che ci spingono ad analizzare consapevolmente il reale valore, enigmatico ed ambiguo, dello forma, che mostra la propria sfuggevolezza e l'impossibilità di essere definita con precisione se non o scapito di un'altra forma.

Le opere esposte in mostra reiterano una provocatoria ambiguità di situazioni che rende articolato ed ambivalente il processo di decodificazione dell'immagine e dei suoi differenti possibili significati, in evidente contrasto con l'apparente tranquillizzante semplicità che si coglie al primo sguardo, determinata dal rigore dello distribuzione strutturale, che viene sempre calcolata con matematica precisione. La relazione tra gli elementi costitutivi all'interno delle opere e tra le opere stesse con la spazialità in cui si trovano collocate, fa percepire i lavori stessi come un unicum di forze contrapposte, che diviene fulcro della tensione che intercorre tra la resa in immagine dell'oggetto e lo sguardo che la indaga. Il dialogo che ne scaturisce è incisivo e tagliente e ad esso contribuiscono in ugual misura sia l'intenzionalità ed il gesto degli artisti che la decodificazione, anche proiettiva, dell'osservatore.

La visione deriva da una summa di fattori che concorrono a creare un meccanismo particolarmente complesso, che Fronçois Morellet ed Antonio Scaccabarozzi analizzano, codificano, decodificano, complicano e variano per sondare il più profondamente possibile le soglie del visibile e dello scibile. Attraverso continue riflessioni che interrogano le forme conoscitive del pensiero, questi artisti non creano un'immagine conosciuta, sicura e definita, nella o della realtà circostante, ma riportano e tratteggiano un'immagine sconosciuta ed inesplorata del reale, che si pone come spunto della riflessione conoscitiva, come soglia da superare, come interrogativo costante ed imperante.

 Doria Ghirardini

 

Informazioni aggiuntive

  • Museo/Galleria: Palazzo Reale Palazzo della Chiesa di Morterone
  • Periodo: 08/07 - 28/08/2014
  • Curatela: Francesca Pola Daria Ghirardin
  • Artisti: François Morellet e Antonio Scaccabarozzi
  • Crediti fotografici: Bruno Bani, Milano - Majova, Milano