• 1994 - 25 Riferimenti, mostra patrocinata dal Comune di Merate

Una mostra d'arte si può fare in tanti modi. Il modo più usuale è quello dove l'artista espone le sue ultime opere, con la vivida speranza di vedere soddisfatto il desiderio del nuovo artistico, per sè e per gli altri. Ma anche quando vengono presentate le ultimissime opere, spesso capita che queste non siano state realizzate espressamente per una mostra, ma siano il risultato complessivo di una necessità creativa, continuata nel tempo. Dunque preesistenti e successivamente impiegate per un altro scopo, già considerate in altro ambito dall'autore, che sceglie poi quelle più rispondenti all'idea della mostra che vuole fare.

In generale questo tipo di mostre si assomigliano tutte.
Svolgono la loro funzione informativa e si qualificano per la qualità delle opere, per la personalità dell'autore, che si trova in questi casi, sicuramente privato di quel divertimento creativo che sorge immediato, stimolato da fatti insoliti, imprevedibili, che sembrano aver nulla a che fare con l'arte. Ma che almeno nella peggiore delle ipotesi, alimentano un minimo di rischio, di cui troppo spesso si sente la mancanza.

Un'altra concezione di mostra che apprezzo, è diametralmente opposta alla precedente. Nulla di preordinato, non servono le opere realizzate tempo prima. Altre sono le regole, altre implicazioni si sviluppano, il campo è aperto, tutto è da inventare, anche il senso che dovrà assumere. Si comincia col visitare il posto dell'allestimento, con la mente aperta agli stimoli, si lascia che le idee vengano, magari sollecitate da minimi particolari apparentemente trascurabili, da presenze strutturali reponderanti, altro che colpisca l'immaginazione al punto tale, da liberare un'idea fondamentale, assolutamente ignota poco prima. Sfidare l'eventualità che nulla succeda, oppure che ogni sforzo si riveli banale o insoddisfacente. Ma qualora si abbia la capacità d'instaurare un campo di interazioni piene di senso, là è il luogo della creatività forte, momento magico d'incontro, tanto vitale ed entusiasmante, da far ritenere la realizzazione in opera tangibile, un fastidioso controllo dell'idea. Circostanza che si supera inevitabilmente, passando in un'altra area d'azione non priva di interesse: Come e con che cosa tradurre l'idea in realtà.


Per questa mostra di Merate dopo un breve sopraluogo, ho constatato che la Sala Civica è dotata di un pavimento predominante, al punto da diventare senza indugio la chiave del discorso.
Ho realizzato 25 pitture che si riferisco- no nella forma, colore, misure, disposizione, al disegno del pavimento. La posizione sull'alzato di fondo, evidenzia una improbabile continuità, che rende manifesta l'intenzionalità artistica. Venticinque porzioni che fanno parte di un'installazione, che hanno alcune caratteristiche comuni, ma che conservano egualmente la connotazione precipua di elemento disuguale, autonomo e significante ancorchè separato dal contesto dal quale deriva.
Non sono uguali sono solo somiglianti, perciò ognuna di loro è in grado di comunicare emozioni differenti. L'intenzione fondamentale della mostra, è di sottrarre una realtà di cui si è consapevoli (pavimento), restituendone un'altra da assumere criticamente. Confidando nell'ipotesi che si avveri un evento artistico.

 

 

Antonio Scaccabarozzi

 

Antonio Scaccabarozzi di Sandra Solimano, Genova 1991 (estratto)

La prima produzione di Scaccabarozzi (cui appartiene il ciclo di pitture Superficie sensibilizzata del 1966-1967) si colloca nell'ambito delle ricerche ottico-percettive di ambiente milanese. Rigorosamente geometrica e fredda, anche se realizzata con tecniche squisitamente pittoriche, l'opera di Scaccabarozzi si arricchisce nei primi anni Settanta di inter- venti tra il tecnologico e il manuale, certo connessi alla sua preparazione professionale, quali la fustellatura della tela, che gli consente di sollevare dal supporto rigido tondini di dimensioni diverse la cui diversa inclinazione crea, a seconda dell'illuminazione effetti decisamente optical.
Se il rapporto forma/luce costituisce uno degli elementi della sua ricerca, altrettanto importante appare sin dagli inizi la ricerca sul colore, dapprima abbinata alle estroflessioni (Quattro valori di grigio, 1973 - Rotazione orizzontale, 1972,), poi condotta su superfici piane (negli anni successivi fino al 1979) al fine di evitare, o quantomeno di ridurre al minimo, gli effetti involontari e automatici del prodotto percettivo legati alla variabilità e imprevedibilità dell'illuminazione.
Nel complesso svolgimento della vicenda artistica di Scaccabarozzi, vanno comunque tenuti presenti i frequenti contatti con l'ambiente svizzero e tedesco documentati da numerose mostre personali.
Si deve forse al rapporto con la Pittura Analitica tedesca così vicina nei suoi esiti di azzera mento alle più rarefatte ricerche percettive, ma al tempo stesso legate alle problematiche concettuali sull'arte e sui linguaggi, il progressivo spostamento di Scaccabarozzi da ricerche strutturali ottico-percettive a più libere sperimentazioni sul colore e sulla materia. Dalle pitture su materiale trasparente (polletllene)e grandi acquarelli del 1983 agli acrilici su tela del 1985 che lo condurranno sino alla densa materia dei corpi pittorici autoportanti di recente produzione.

 

 

 

Informazioni aggiuntive

  • Museo/Galleria: Sala Civica, Comune di Merate
  • Periodo: 9 Aprile - 25 Aprile 1994
  • Crediti fotografici: Francesco Radino