• 2010 - ERO SICURO CHE … IO IL PITTORE (di E. Longari)

ERO SICURO CHE … IO IL PITTORE

A PROPOSITO DI ANTONIO SCACCABAROZZI

 

In un testo dal titolo suggestivo Giallo di Napoli, dove questo colore finisce per rappresentare quel quid inesplicabile che accende un dipinto nello sguardo dell'osservatore, Antonio rintraccia le radici antiche della sua relazione con la pittura. Da bambino, intorno ai dieci anni, andava a trovare il cugino di suo padre per spiarlo mentre era all'opera con tela, pennelli e tavolozza: "[ ... ] io volevo vederlo fare, la pittura tradotta in atto[ ... ]". La curiosità per il processo vinceva sul resto, e instillava la coscienza della natura linguistica della pittura. "Fin dall'inizio mi sorpresi di non trovare alcun riferimento fra il dipinto e la realtà circostante, cercai di capire dove avrebbe preso le immagini da dipingere, in sostanza mi accorsi che lui guardava solo nel quadro".
Il quadro come realtà autonoma rispetto a concetti quali la riconoscibilità e la verosimiglianza di un soggetto gli si è parato davanti come una realtà' incontrovertibile fin dal principio. Questo concetto agevola la comprensione di lavori tanto "ostici" perché disarmanti nella loro tautologica bellezza quanto sono quelli che appartengono al Ciclo in Polietilene, durato otto anni.
Quel materiale anartistico, adottato principalmente per i sacchi dei rifiuti, possedeva caratteristiche impareggiabili all'occhio attento di Antonio: disponibile in diverse colorazioni e in diverse consistenze e spessori, quindi in diversa misura trasparente e traslucido, trattiene, assorbe e rimanda la luce, mentre sembra funzionare come un interessante sviluppo, soprattutto nel senso della "mobilità" e della leggerezza, delle velature, su cuitanto si era concentrato l'autore nelle fasi precedenti (è operativo dal 1977).

Scrivevo nel marzo 2004 in occasione di una mostra collettiva e "interdisciplinare" tenuta al Mudima a Milano: "[. .. ] per Antonio Scaccabarozzi [ ... ] si tratta di spostare continuamente la soglia della visione mettendo costantemente alla prova la visibilità fatta coincidere con la presenza del colore tout court. Pittore che si è sempre concentrato sulla qualità e la quantità delle stesure cromatiche, sul loro comportamento percettivo legato al "peso" e alla leggerezza, al corpo delle stratificazioni e alle trasparenze delle velature, oggi lavora sovrapponendo pellicole di Polietilene di diversi colori, proponendo interessantissime esperienze/limite per l'occhio. Il quadro è diventato da tempo fra le sue mani un oggetto che nelle sue stratificazioni progressive contiene e separa lo spazio e la luce in modo sempre mutevole senza smettere di essere evento pittorico". Con il Polietilene il metodo di creare e sovrapporre strati cambia sostanzialmente; non si tratta più di un supporto qualsiasi che accoglie stesure di colore sovrastanti: esattamente come nell'invenzione del papier decoupè di Matisse, il colore fa tutt'uno con il corpo dell'opera, è il corpo dell'opera. l'ha detto bene Alberto Veca in un testo del 1983: "Nella sua indagine sui materiali [ ... ] Scaccabarozzi ha trovato - ma in questo scoperta e invenzione sembrano seguire dinamiche parallele: la pellicola di Polietilene utilizzata in campo industriale che, una volta trattata per ricevere un adatto pigmento, conosce una trasformazione chimica che rende solidale la stesura cromatica alla superficie". "Quando ho scoperto questo materiale Polietilene, ho subito intuito che possedeva numerose caratteristiche che corrispondevano alle mie aspirazioni di lavorare sulla trasparenza, sulla leggerezza, duttilità, instabilità ecc. Infatti il materiale si rivelò perfetto". Perfetto per la sua reattività, vitalità. Poi, nel 1993, si registra un ulteriore cambiamento dettato dalla natura stessa del materiale: da quel momento in poi, Antonio tende tra due chiodi un filo di nylon sul quale sospende e accavalla, con esiti ancora più precari e meno stabili, i "fogli" del sensibilissimo materiale dalla consistenza membranosa, che captano ogni variazione delle condizioni ambientali e reagiscono a ogni cambiamento elettrostatico del campo magnetico intorno. Lo stesso Antonio ha raccontato a proposito di tali lavori un gustoso aneddoto che ha per protagonista la gatta del gallerista tedesco Ekke Duis:" Una volta trovai evidenti buchi fatti dalle unghie della sua gatta in diversi punti, su un mio lavoro esposto in galleria. Gli feci notare la cosa, mi spiegò che la finestra aperta faceva svolazzare l'opera di Polietilene, attirando l'attenzione della gatta che cercava di aggrapparsi a questa mobilità con dei grandi balzi. [ ... ] A me non vennero i crampi allo stomaco solo perché il movimento in quei lavori era una caratteristica apprezzata, ma quando consideravo cosa potessero temere oltre al fuoco, allo stiramento, al tornado, non avrei mai pensato ad un gatto". Questo era l'uomo, capace di stupirsi delle pieghe impreviste che il suo lavoro comportava, anche agli occhi di un gatto. La volubile vita propria dei "dipinti" di Polietilene obbliga l'occhio dell'osservatore a una continua messa a fuoco, a un doppio movimento: emersione e immersione, sopra e attraverso. "L'idea è di porre l'opera come zona-limite di forze contrapposte", scrive Scaccabarozzi, una soglia. Non gli interessa la ripetitività dello stile sigillato in sé stesso, anzi concepisce sempre di più un'attenzione nei confronti dell'ambiente circostante che rientra nel gioco, come in esso consistesse l'espansione naturale della pittura. La mostra nella sala Civica di Merate nel 1994 emblematizza compiutamente quest'attitudine site specific, per dirla con uno slogan alla moda. Il pavimento della sala ha dettato lo svolgersi della sintassi compositiva, poichè lo spazio del!' ambiente è il vincolo della pittura, come il formato di una tela. Alla genealogia da lui proposta per sé stesso manca stranamente Marc Rothko ... : "Piero della Francesca, Vermeer, Cèzanne, Mondrian, Morandi, Yves Klein, Dan Flavin, Karl Andre, Gianni Colombo. Il motivo, non saprei, è solo l'intuizione che qualcosa di loro m'appartenga”.

Elisabetta Longari

Informazioni aggiuntive

  • Testata: Nuova Meta
  • Autori: Elisabetta Longari
  • Data di Pubblicazione: Aprile 2010
  • Sottotitolo: A proposito di Antonio Scaccabarozzi