Si è tenuta Sabato 27 giugno la gara finale della 4a edizione del Premio Tango Argentino Antonio Scaccabarozzi.
Il premio, organizzato dai maestri di tango Karola Redaelli, Paolo Vitalucci e da Anastasia Rouchota, ha avuto quale madrina della serata il sindaco di Arcore Rosalba Colombo.
Emozione e creatività hanno accompagnato lo svolgimento della serata.
Martedì 6 Giugno, ore 18.30, si inaugurerà la mostra "50 Opere tra segno e scrittura" presso la Galleria Clivio in Foro Buonaparte 48 - Milano, con la partecipazione di lavori di Antonio Scaccabarozzi.
INTRO :
Kirstin Arndt Frank Badur Joachim Bandau Erwin Bechtold Detlef Beer Max Cole Lilah Fowler
Werner Haypeter Schirin Kretschmann Timo Kube Maik und Dirk Löbbert Dóra Maurer
Karim Noureldin Martin Pfeifle Antonio Scaccabarozzi David Semper Hadi Tabatabai
Peter Tollens Tim Trantenroth Albert Weis Stephen Westfall John Zinsser
Inaugurazione
Domenica, 31 Maggio 2015, 11.00 - 18.00
presso la nuova GALERIEHAUS
Presentazione
Prof. Dr. Stephan Berg, Director Kunstmuseum Bonn
ca. 11.30.
Orari di apertura
31 Maggio – 12 Settembre 2015
Martedì – Venerdì 14.00 – 18.00
Mercoledì 14.00 - 22.00.
Sabato 11.00 – 15.00
Durante la chiusura estiva , 28 Giugno - 17 Agosto 2015,
solo previo appuntamento
“Introduzione al vuoto”, questo il titolo della antologica dedicata ad Antonio Scaccabarozzi (1936 – 2008) dalla Nuova Galleria Morone di Milano fino al 24 Aprile. La mostra, curata da Elisabetta Longari, ripercorre le tappe creative dell’artista di Merate con opere significative delle sue diverse indagini. Una ventina di lavori dai tardi anni ’60 fino al 2006, che vanno dalle ricerche astratto-geometriche sulle forme e sulla loro collocazione nello spazio alle indagini puramente concettuali sul colore.
Ad accomunare le diverse opere è una continua ricerca sulla percezione del colore come fenomeno ottico: è quanto si nota in “Superficie sensibilizzata” (1966), in cui una matrice di base è resa complessa dai diversi toni di grigio utilizzati. La divisione geometrica è dissimulata dalle leggere variazioni del colore che ingannano l’occhio dando un’idea di instabilità, l’occhio si perde tra le forme.
La componente geometrica si trova in diversi lavori degli anni ’70 come in “Parallelismo progressivo”, 1973, legno in rilievo: una griglia invisibile regola lo spazio e i punti sulla superficie. Il punto si fa strumento di misura dello spazio vuoto. Una serie decrescente nell’intensità dei punti e una crescente nella loro distanza esplorano il bianco. C’è una direzione, si guarda a dove sarà il punto seguente sulla linea. La densità va diminuendo, in basso i rilievi diventano singoli eventi nello spazio, rarefatti.
Un ordine/disordine caratterizza invece “Prevalenze” (1978), opera di grande formato (cm 200 x 300), quasi un dripping geometrico in cui l’assenza di riferimenti porta l’occhio a percorrere avanti e indietro le linee e a soffermarsi sui singoli punti, neri o gialli, come coordinate per la navigazione in un mare sconfinato.
Di altro carattere sono le opere degli anni ’80 in cui il colore, spesso l’azzurro, è protagonista. É così in “Immersione Parziale in Colore Acrilico” (1980): si tratta di un’immersione del supporto (una tela non preparata) nel colore. Il risultato del lavoro è legato al caso: come un test evidenzia un fenomeno fisico, la capillarità della tela. Si osserva come il colore venga assorbito dalla tela e come, per riflesso, venga poi percepito dall’osservatore. Il colore è come un organismo estraneo, immateriale, ha bisogno di un mezzo fisico per manifestarsi ed essere percepito.
Interessanti anche le “Iniezioni in Endotela” dei primi anni ’80: sono iniezioni di acrilico su tela che formano punti irregolari. Anche qui un gioco di ordine e disordine in cui la griglia geometrica è però funzionale allo studio del colore, quasi un campionamento delle sue diverse sfumature.
La centralità del colore è ancora più evidente nelle “Quantità” di colore su polietilene, un materiale semitrasparente. Un supporto atipico, al limite dell’installazione. In queste opere si notano i confini delle campiture, esse non occupano mai completamente tutto lo spazio. Non sono dunque monocromi. Scaccabarozzi tratta il colore come soggetto da rappresentare, non come mezzo espressivo, e ne trasferisce una quantità o alcune quantità sul polietilene. Anche nelle “Quantità” di colore su tela le grosse pennellate “annullano” la tecnica e allo stesso tempo ne lasciano traccia nei contorni frastagliati. Essa è puro mezzo per trasportare il colore-soggetto sul supporto, rendendolo così percepibile. Questi contorni frastagliati assumono poi nell’opera dell’artista i caratteri di una suo simbolo personale, un suo tratto distintivo. Lo si nota in “Essenziale con Ombre Pittoriche” (1991), in cui questa forma è ripresa in un’opera di carattere installativo.
Colore che continua ad essere il soggetto anche nei lavori degli anni 2000 come “Banchisa” (2003), un polietilene blu. Opera semplicissima, ma che con la sua superficie increspata come onde e il suo svolazzare ricorda il mare e lo spazio immenso che ricopre.
Una mostra quella alla Nuova Galleria Morone che da un ritratto completo di un’artista concettuale vicino ad altre ricerche a lui contemporanee ma sempre indipendente e originalissimo.
a cura di Amerigo De Agostini
https://shapelessblog.wordpress.com/2015/03/16/mostre-introduzione-al-vuoto/
Antonio Scaccabarozzi introduce al vuoto. In una mostra milanese
Nuova Galleria Morone, Milano – fino al 24 aprile 2015. L’arte di Antonio Scaccabarozzi, originario del lecchese, si afferma in un’elegante e completa personale. A testimoniare una lunga ricerca di apparizioni sempre nuove della realtà.
Antonio Scaccabarozzi. Essenziale con ombre pittoriche, 1991, acrilico e mastice rinforzati, cm. 41x79
La poesia è azzurro, è sfumatura alla ricerca del blu, è la traccia di leggerezza, d’impalpabilità, d’elevazione oltre la materia. Tali sono le sensazioni manifestate dalle opere di Antonio Scaccabarozzi (Merate, 1936 – Santa Maria Hoè, 2008), che si è avvalso di diversi materiali e tecniche per ricercare forme nuove, visioni oltre una prima esperienza sensoriale. Attraversando l’evoluzione del suo percorso artistico, da Superficie Sensibilizzata degli Anni Sessanta a Quattro Velature di Bianco su Fondo Nero del 2006, è possibile riflettere sul cieco confine esistente tra opacità e trasparenza, tra solidità e rarefazione, seguendo il diffondersi della volontà della luce al di là di un ordine geometrico. È un affrontare la nostalgia del distacco dalla prevalenza condivisa, una coscienza della rottura d’antichi equilibri, un circondarsi di colore senza nome che, solo, dà voce ad un silenzio interrogante l’infinito.
Linda Taietti , mercoledì, 8 aprile 2015
Milano // fino al 24 aprile 2015
Antonio Scaccabarozzi – Introduzione al vuoto
a cura di Elisabetta Longari
NUOVA GALLERIA MORONE
Via Nerino 3
02 72001994
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www.nuovagalleriamorone.com
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/42701/antonio-scaccabarozzi-introduzione-al-vuoto/
Lucido, opaco, velato
S'intitola “Introduzione al vuoto”, da un'opera del1978 di Antonio Scaccabarozzi, una personale dell'artista brianzolo (1936-2008) curata da Elisabetta Longari e aperta fino al 24 aprile nella Nuova Galleria Morone.
Il percorso della rassegna ne segue la ricerca, connotata da un forte sperimentalismo sul fronte sia dei materiali sia dei processi della visione, dagli esordi, alla metà degli anni Settanta, quando crea le serie “Fustellati” e “Prevalenze”, sino alla fine. Un'opera, quella di Scaccabarozzi, organizzata in cicli basati sulla diversa natura tanto del supporto (tela, carta, plastica) quanto del colore.
La mostra ne dà puntualmente conto, senza dimenticarne il versante installativo. Cuore della personale sono però, per la curatrice, le “Quantità libere di colore”, nelle quali questo artista, tanto sofisticato quanto appartato e riservato, riflette sul tema a lui caro del binomio trasparenza-opacità. In questo caso si serve ora di pigmenti coprenti ora di colori o di materiali (come i traslucidi fogli di polietilene sovrapposti) tanto diafani da trasformare il suo lavoro pittorico in una sorta di epifania,che trova poi compimento nel ciclo “Velature”, eseguito a olio (nella foto, “Polietilene, quantità di blu”.1991).□ Ad.M.
Si inaugurerà il prossimo 30 Aprile una mostra collettiva con opere di Milan Grygar, François Morellet ed Antonio Scaccabarozzi presso la Galerie Petr Zaloudek di Praga (CZ).
La mostra rimarrà aperta fino al 13 giugno 2015 (www.galerie-zaloudek.cz).
Scaccabarozzi e le sue indagini sulla visione
La Nuova Galleria Morone presenta "Introduzione al vuoto", la personale milanese di Antonio Scaccabarozzi, curata da Elisabetta Longari.
Scandita in periodi creativi ben distinti, la pittura di Antonio Scaccabarozzi (Merate 1936 - Santa Maria Hoé 2008) al di la di una legittima storicizzazione, apre, nella sua distinta razionalità ad ampi respiri d'immaginazione capaci di mutare la logica matematica del segno verso una lucidità infantile vivida di gioia istintiva.
Cos'è "Giro completo in Otto Pezzi" (1973, tela fustellata bianca)) se non una struttura che se immaginata sul terreno rimanda al gioco del "mondo", in quella età della vita (succedeva in altri tempi) dove erano sufficienti minimi e poveri elementi a rendere ogni gioco immaginifico.
Pittura di confine, anche, frastagliata agli estremi tanto da rendere pulsanti gli irrequieti frammenti ai bordi della tela insinuanti nella preminenza del rosso, del bianco, del verde, del grigio-giallo.
"Ti distendi e respiri nei colori" recita uno dei più intensi versi di Vittorio Sereni.
Il respiro di Antonio Scaccabarozzi è il respiro dello sguardo insito nel viaggiatore quale egli è stato: Parigi, Londra, Olanda, Spagna, a rubare contaminazioni tonali di muri scrostati o l'unità degli azzurri dei cieli greci, inconfondibili e unici, infinitamente amati dall'artista.
Forse più d'ogni altra opera, "Quantità di Blu Oltremare" (1989, inchiostro su polietilene) rappresenta la mostra "Introduzione al vuoto" a cura di Elisabetta Longari, in corso presso la Nuova Galleria Morone a Milano, in essa si comprende la profonda anima creativa di un artista il cui stupore era, per citare di nuovo Fortini "dell'occhiuta pazienza di addentrarsi a fondo, sempre più a fondo...".
Antonio Scaccabarozzi - Introduzione al vuoto"
Milano, Nuova Galleria Morone, Via Nerino 3
Fino al 24 aprile
Orario. Martedì-sabato 11-19
Mauro Bianchini
La velatura è passata di moda. Apparentemente.
Essa è una tecnica appartenente alla nobile storia della pittura così come a quella più quotidiana della decorazione, ed è stata mio malgrado malamente bistrattata negli ultimi anni, per varie ed eventuali non sempre sensate.
La velatura è una tecnica antipatica: serve molto tempo per padroneggiarla, tanto impegno, e necessita di compiere un passo indietro rispetto all’estro artistico.
La velatura è trasparenza, un gioco di vedo non vedo; è una signora elegante che sa di piacere; una brava ragazza un po’ stronza che ti dice sì.
In breve, la velatura non è di moda perché non può essere momentanea: il suo animo è antico.
Antonio Scaccabarozzi (1936 – 2008) attualizza la velatura attraverso il mestiere, la tecnica: acrilici, inchiostro, polietilene; stesure ampie e iniezioni; colori azzurrini. L’azzurro è il colore del cielo, una sostanza che di per se stessa è composta di velature di gas -azoto, ossigeno, argon, neon…; l’azzurro è il colore del mare, sfumato e velato dalle spesse correnti marine. Non a caso la mostra Introduzione al vuoto ha per sottotitolo L’azzurro non si misura con la mente.
Il pittore Scaccabarozzi è anzitutto un pittore concettuale e potremmo spaccarci la testa su tutti i sottintesi ma romanticamente l’opera trova la propria compiutezza nello spettatore ed in quest’ottica il ragionamento rotondo di un’anima romantica si trova nella pittura stessa. Il senso d’infinito che dà la velatura è lo stesso senso d’infinito del colore azzurro, e la trasparenza della plastica lotta contro il white cube, e pretende il Cielo in una stanza, come da celebre canzone. Anche i titoli delle opere sono ferocemente pittorici, in senso materiale: Quantità di azzurro su rosso, Volume, Immersione parziale in Colore Acrilico, e così via.
Alla Nuova Galleria Morone di Milano dov’è allestita la mostra, si trovano anche opere diverse, più schiettamente costruttive, ma detto chiaro e tondo: il pittore qui gode. Gode perché trova un riscontro del proprio amore in un altro, il sentimento è palpabile, avvolgente. Naturalmente serve un pizzico di concentrazione, la pittura è sempre più mentale che fisica, da che mondo è mondo.
Non è il gancio di Mike Tyson, diretto e potente, che appartiene alla scultura quanto piuttosto lo spogliarello lento e raffinato di Dita von Teese.
INFO
Antonio Scaccabarozzi. Introduzione al vuoto, sino al 24 Aprile
A cura di Elisabetta Longari presso Nuova Galleria Morone Via Nerino, 3 Milano
Veronica Benetello per 9ArtCorsoComo9
Introduzione al vuoto
L’azzurro non si misura con la mente
Il sottotitolo – del titolo si dirà più avanti, tratto dai Drammi lirici di Aleksandr Blok (1), è particolarmente funzionale non soltanto allo scopo di sottolineare la presenza assidua dell’azzurro nell’opera di Antonio Scaccabarozzi, ma anche a dare conto del principio sistematico secondo cui egli indaga i diversi materiali. Se è vero che nessun colore è mai veramente neutro, va detto però che nessuno degli altri colori porta con sé, nell’ambito della cultura simbolica occidentale (2), una intensa valenza poetica tale quale il blu in tutte le sue sfumature. L’azzurro, per le sue sonorità complesse, legate tanto alla profondità quanto alla leggerezza e alla rarefazione, rappresenta il colore del fiore della poesia per eccellenza, in Novalis e più in generale nella poesia romantica tedesca (3), ovvero è la tinta dell’anima. Se, come scrivevo altrove sempre a proposito di Scaccabarozzi, la pittura è “un non so che”, o meglio, <<introduzione al vuoto>>, secondo un’indicazione dell’autore stesso fornita attraverso il titolo di una sua opera del 1978, è evidente che nessun colore è più impalpabile e vicino all’inspessimento dell’aria dell’azzurro, come insegna Leonardo con la prospettiva aerea e lo sfumato.
Fin dall’inizio, dall’epoca delle Prevalenze, delle Misurazioni e delle Iniezioni, Scaccabarozzi si mostra un artista atipico, soprattutto per alcuni aspetti che si prestano a essere letti come sintomi di convergenze inattese, su cui questo scritto si concentra. Ciò avviene tenendo in considerazione anche piani meno immediatamente evidenti che non esiti materiali, peraltro senza difficoltà riferibili a altre esperienze visuali quali quelle del Gruppo Zero tedesco e, in Italia, alle indagini di Castellani e di Dadamaino. Antonio afferisce piuttosto a un’area di operatività concettuale più sottile e poetica, la stessa frequentata da un autore apparentemente diverso e lontano come Pino Pascali, del quale si vuole in particolare richiamare 32 metri quadrati di mare del 1967. La logica fatta propria da Pascali in questo lavoro, come da Scaccabarozzi nei cicli già citati dai titoli così eloquenti, si sviluppa a partire dalla misurazione paradossale introdotta da Duchamp nel 1913 con Trois stoppages étalon. Queste opere mettono in forma una delle funzioni principali dell’arte, che consiste nello svelare la propria natura di gioco che l’uomo intrattiene con l’infinito. L’infinito: ecco che la dimensione da cui ha origine l’audacia sperimentale delle loro opere è stata individuata.
La pittura di Scaccabarozzi, vista nella sua interezza, ha un corpo particolarmente semplice e allo stesso tempo ricco. Una cospicua parte dell’opera è composta di diaframmi, schermi e velari che funzionano come lenti attraverso cui guardare lontano, oltre; basta pensare alle aeree concrezioni di colore, alle lievi materializzazioni di luce pura, quasi immateriali, costituite dagli acquarelli, dalle plastiche e dagli oli delle Velature. Un’altra componente assai importante, imprescindibile, è rappresenta dall’attrazione sensuale verso la pelle della pittura, come è particolarmente evidente nel caso degli Essenziali, che ne sono l’esempio di massima concretizzazione. Scaccabarozzi risulta dunque attratto ugualmente da due poli estremi, definibili con diverse coppie di opposti, di cui è sufficiente ricordare opacità e trasparenza, presenza e assenza; esattamente così come Lucio Fontana milita su un fronte barocco, ben espresso attraverso le Nature, e su un versante votato all’infinito, emblematizzato dai concetti spaziali e dagli ambienti con la luce di Wood.
La qualità dei colori di Antonio è comunque rilevante e occorre soffermarcisi. Le aree rarefatte sono spesso pervase d’azzurro, perché la sua opera è disseminata d’azzurro, ma anche quando si tratta di altri colori sono comunque tinte instabili, indefinite. Colori come epifanie, che spesso corteggiano il biancore originale della luce, aliti di colore che a volte sono appena poco più che vapori sensuali. Altre volte invece le tinte raggiungono tonalità sontuose e profonde. In ogni modo però Scaccabarozzi costruisce campi cromatici che attraggono l’attenzione proprio a causa della loro rarità. Tinte intrise di luce piuttosto che cupe, ma comunque timbri inusuali, vere e propri enigmi per la percezione, largamente refrattari a ogni forma di catalogazione e classificazione. Difficile, se non impossibile, individuare e dire il nome dei suoi colori, proprio perché essi sono sempre dinamici, sapientemente tenuti dall’autore in uno stato d’instabilità che nega loro ogni possibilità di assestamento.
Ognuno di essi è abitato da un fremito vitale molto raro. Sono colori come silenzi solidificati, si direbbero proprio silenzi trasformati in colori. Comunicano in modo assai convincente, attraverso la loro palese introversione, che è proprio nel colore il principio originario della pittura, nel colore inteso come dissonanza interna a un campo instabile, intermittente vibrazione e intima sonorità. Osservando le sue tinte si intuisce l’importanza della connotazione espressa dall’aggettivo Variabile, come intitolavo una mostra dedicata all’artista presso la Fondazione Calderara di Vacciago nell’estate del 2012.
Questi colori in dissolvenza restituiscono alla visione il suo carattere primario di apparizione, epifania. Soprattutto gli acquerelli, filtri quasi impalpabili, e le plastiche che rappresentano la massima espressione del gioco del pendolo caro a Scaccabarozzi tra i due già citati poli della trasparenza e dell’opacità, tra vedere attraverso e occlusione che coincide perfino quasi con la cecità. È dunque sul colore che si basa soprattutto la sua indagine sulla sostanza della visione, la sua sperimentazione di luoghi e corpi della pittura, dalle diverse consistenze e forme, tutte diversamente interessanti. Ogni colore è connaturato al supporto materiale che ne è il necessario tramite della manifestazione. Ogni introduzione di nuovi materiali e toni nell’opera di Scaccabarozzi è volta a indagare sempre nuove frontiere del visibile e a affrontare, declinandola, la complessa essenza del fenomeno cromatico.
Usa la plastica come colore/luce capace di vivere una relazione di estrema mescolanza e fluidità con l’ambiente circostante. Sintesi degli interessi pittorici di Antonio, come esaltazione della velatura, del vedere attraverso e della trasformazione, i fogli di polietilene svolgono nella sua opera un ruolo fondamentale come i papiers gouachés decoupés per Matisse. L’apoteosi del colore avviene proprio sulla superficie sdrucciola delle plastiche come su uno specchio d’acqua: la liquida mobilità della luce si accumula cangiante, scorre e trascolora, con il risultato che ogni tinta è particolarmente viva e guizzante.
Le plastiche, opere più di tutte attive, mercuriali, mobili e mutevoli, assolvono al meglio lo scopo di Scaccabarozzi, come accade al ciclo delle Ninfee nel corpus del lavoro di Monet: esse instillano inesorabilmente in chi guarda la consapevolezza del fatto che la visione è un processo perennemente in fieri. Trasformazione dello sguardo.
L’opera di Antonio nella sua interezza testimonia di un’idea espansa di pittura che per ampiezza di respiro fa pensare a Yves Klein (4): aldilà dei riferimenti che si stabiliscono attraverso il comune utilizzo del monocromo e la comune affezione dimostrata nei confronti del blu - anche se per Antonio si dovrebbe parlare al plurale: dei blu-, i due artisti sembrano incontrarsi soprattutto
nella vocazione al vuoto, un vuoto colmo e gravido come il silenzio dopo la musica, e nello slancio verso l’infinito. Per entrambi, paradossalmente, l’opera, in quanto fenomeno momentaneo di precipitazione di una determinata sensibilità immateriale, potrebbe anche sparire del tutto purché ne permanesse il riverbero, l’irraggiarsi di una trasformazione.
Il vuoto in cui salta Yves Klein nella sua famosa azione/manifesto passata alla storia, attraverso un fotomontaggio, con il titolo Saut dans le vide dell’ottobre del 1960, è lo spazio a cui introduce l’opera di Scaccabarozzi.
Se è vero che il ruolo del poeta è quello di custodire l’azzurro, la lontananza, Scaccabarozzi è un poeta che indaga i meccanismi della visione e ne afferma l’incanto.
La sua arte è apertura di uno spazio di oltranza.
Elisabetta Longari
(1) Aleksandr Blok, Drammi lirici, S. Leone (a cura di), S. Pescatori (a cura di), Einaudi, Torino 1977.
(2) Pastoureau, Blue: The History of a Colour, Princeton University Press, 2001.
(3) Amelia Valtolina, Blu e poesia, Bruno Mondadori, Milan 2002.
(4) Sono grata a Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti per il bel saggio che hanno scritto a quattro mani per Klein e Fontana, la cui lettura, avvenuta in fase di stesura del presente testo, ha confermato alcune mie intuizioni (Silvia Bignami, Giorgio Zanchetti, Universi paralleli. Yves Klein Lucio Fontana, in Klein Fontana. Milano Parigi 1957-1962, catalogo della mostra, Milano, Museo del Novecento, 22 ottobre 2014-15 marzo 2015).
(Copia del Catalogo della mostra è disponibile, qui sotto, in formato PDF)
La mostra "Opposition" avrà inizio il prossimo 7 Marzo p.v. presso la Galerie La Ligne di Zurigo e vedrà la partecipazione di Antonio Scaccabarozzi (rimarrà aperta fino al 30 Aprile).
In questa mostra vengono presentate opere che possono essere classificate con i termini "Op Art" ed arte cinetica cosi come provenienti dal Group Zero.
A queste si "contrappongono" , creando un bilanciamento, quelle di Antonio Scaccabarozzi.